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ASCOLI PICENO

Tra le esposizioni che si susseguono a ritmo quindicinale nello spazio del Centro l’Idioma, quella di Graziella Contessi di Bergamo è stata tra le più originali se non altro per le simbologie sessuali che presentava: il cilindro come fallo, la sfera come cellula uovo. Le composizioni oggettuali, in tulle e gomma piuma, erano basate sui due elementi - seducenti per delicatezza di forme e di colori - che si compenetravano. L’artista per la mostra picena ha realizzato, con adesione concettuale e freschezza linguistica, strutture dall’aspetto catturante per lanciare un messaggio etico-morale e provocare una riflessione sulla perdita di identità dell’individuo in tempi in cui la procreazione spesso deriva da una sessualità extracorporea che trae origine da relazioni artificiali promosse dall’ingegneria genetica.

Mario Angelini di Viterbo ha esposto tre nuclei di lavori da cui si scopriva la tendenza a sfruttare le proprietà più sensibili dei materiali naturali privilegiati per entrare in spazi metafisici a lui congeniali e raggiungere la “mistica della materia”. Allo scopo egli razionalizza misuratamente la composizione con geometrie non invadenti e dematerializza le componenti fisiche. Calibra, cioè, ogni elemento di superficie per sondare l’inconoscibile e raggiungere un equilibrio percettivo. La sua produzione reca chiaramente i segni di una sofferta partecipazione.

L’opera dell’argentino Daniel Gonzalez può essere associata alla tendenza mediale. La sua pittura, intenzionalmente banale e approssimativa, esce dalla mondanità sfruttando il potere comunicativo dei mezzi storico-popolari e perfino i disvalori del kitsch. La figurazione è incombente e pulsionale, ostenta ingenuità ed autocompiacenza. Ma l’artista con le  simbologie non si prefigge di omologare il presente, anzi, per demitizzare la quotidianità che non medita sul proprio destino e si sviluppa senza ideali, usa pure l’ironia e l’illustrazione. Si pone così fuori dalla realtà esterna non condivisa assumendo un ruolo attivo.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 74, ottobre-novembre 1995, p. 63]