ASCOLI PICENO

Tre artisti dell’ultima generazione operano sulla costa picena senza tanti condizionamenti storici, uniti da una visione critica delle tecniche espressive e da un esemplare impegno per dimostrare che anche dalla provincia possono derivare idee propulsive. Hanno ‘usato’ lo stesso spazio espositivo del Centro d’Arte l’Idioma in momenti separati per attuare, come dice il titolo, interventi personali “A regola d’arte”, ma convergenti sull’oggetto-concetto e l’installazione. Le operazioni sono state denominate “Acquatica”, “Decorosa” e “Dissonante” in riferimento ai lavori realizzati da ciascuno. Patrizia di Paolo si è ‘esibita’ con opere che testimoniano la sua sottile, vissuta investigazione sui fenomeni legati all’elemento acqua, dando luogo ad una sorta di dialettica arte-scienza con strutture essenziali (in metallo, vetro, plexiglass) che danno ‘forma astratta’ al liquido definendo una ‘immagine della purezza’, non sterile, capace di trasmettere - sia pure dopo una decifrazione differente dei nuovi codici - anche un senso di sacralità. Franco Marconi invece ha spostato il discorso sull’ambiguità. Per lui i ‘quadri’ composti con forme tridimensionali reiterate, tautologiche (rosa, rosae... / decorazione, deco-rosa / contenitore, contenuto) - rese come ‘offerte’ - sono il luogo della esaltazione della finzione, delle apparenze soft che mascherano verità intime. E l’aspetto ironico-drammatico dell’opera minimalizzata finisce per contraddire l’aura di falso romanticismo e vincere lo stereotipo floreale, per cui la figurazione mediale raffreddata e l’oggetto psichico riescono a convivere. Sabrina Muzi pratica una perseverante indagine più linguistica e fredda per scoprire le qualità espressive di certi materiali su cui interviene con mezzi minimali. Nella  produzione - riconoscibile ma non omogenea - si ritrovano spesso l’impaginazione voluta da un pensiero geometrico e i ‘segni’ sensibili della sua partecipazione emotiva al lavoro. Per ottenere un calibrato flusso dal visivo al mentale e tra micro e macro struttura, sfrutta sapientemente i meccanismi della percezione.

Luciano Marucci

[«Juliet» » (Trieste), n. 67, aprile-maggio 1994, p. 63]