BONN

L’esposizione di Chiara Dynys al Kunstmuseum, organizzata in collaborazione con la Galleria Fumagalli di Bergamo, nell’intento di far percepire subito ai visitatori la dialettica tra gli opposti che connota la produzione dell’artista, ha presentato due gruppi di lavori, autonomi e complementari: uno immerso nell’oscurità, l’altro fortemente illuminato. “Pesi lievi” è il titolo dell’intera mostra, derivato dall’installazione principale, con una vasca colorata d’azzurro e una figura nuda sospesa, sfocata e animata, come immagine priva di corpo, in forma di memoria, la quale rimanda alle origini dell’essere e all’assenza esistenziale nel presente e nella storia. Il secondo intervento è costituito da un monolite in mosaico d’oro e quattro opere a parete in vetro, specchio e colore: polarità simboliche che sollecitano a riflettere sull’illusione della vita. A parte l’indubbia qualità di questi raffinati lavori, l’evento conferma la disposizione dell’autrice alla continua ricerca e sperimentazione di materiali e tecniche che le permettono di concretizzare ideazioni complesse e profonde. Ciò al fine di conoscere e rappresentare una realtà non esteriore, quella del suo vissuto e della comunità, in una tensione verso la scoperta della verità, senza adottare una cifra stilistica fissa e senza obbedire alla tradizione o alle teorie altrui. Nelle sue realizzazioni la materia è sostanza impalpabile: esprime, con leggerezza e purezza, un contenuto fatto di memorie, simbologie, sentimenti, vitalità. L’opera, indeterminata e mutevole, pur non avendo preconcetti iconografici, nasce da un atteggiamento concettuale, tende all’astrazione, alla massima concentrazione di assenze significanti. La Dynys agisce nella storia e nel contemporaneo, con distinta identità, mantenendo piena indipendenza; ha riguardo per l’estetica, ma non vuole essere autoreferenziale; persegue l’essenzialità, ma non condivide l’oggettività minimalista; crede nella realtà fenomenica, ma se ne sta distaccata; ha un’ideologia, ma evita di ‘esibirla’; raggiunge il coinvolgimento emotivo dell’osservatore senza dichiararlo. È Chiara-mente nella nuova creatività.

Luciano Marucci

[«Juliet» (Trieste), n. 118, giugno 2004, p. 71]